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La Festa dei Ceri, è una delle tradizioni più emozionanti e singolari in Europa e si svolge nella città di Gubbio il 15 maggio di ogni anno. I Ceri sono tre macchine di legno a forma di prismi ottagonali sovrapposti e decorati, pesanti circa 4 quintali, portati trionfalmente a spalla dai ceraioli in onore di S. Ubaldo, patrono della città. Sulla cima dei Ceri sono saldamente fissate le statue dei santi Ubaldo, patrono della città e della Corporazione dei Muratori e Scalpellini; Giorgio, patrono della Corporazione dei Merciari; Antonio Abate, patrono dei Contadini e degli Studenti. Le origini di questa Festa sono antichissime: taluni studiosi la fanno risalire alle cerimonie pagane in onore delle divinità umbre (Cerfus) o romane (Cerere). Altri studiosi la riferiscono ai festeggiamenti dopo la vittoria di Gubbio nella guerra contro 11 città alleate contro (1154).
L'ipotesi più plausibile rimane comunque quella legata alla figura di S. Ubaldo: il 16 maggio del 1160 l'amato Vescovo di Gubbio morì; tutti i cittadini allora iniziarono un pellegrinaggio con candele accese, rito che si ripeterà sempre la sera della vigilia (il 15 maggio) in memoria del transito, caratterizzato dall'offerta di ceri votivi da parte delle Corporazioni di Arti e Mestieri. I praticanti delle arti più ricche, Muratori, Merciai e Vetturari, se ne andavano iubilantes et gaudentes con tre Cereos Magnos di legno, ricoperti di cera. Così è scritto nello Statutum Eugubii del 1338. La Festa anche oggi si ripete ogni anno, anche se vissuta con spirito diverso. L'inizio, della Festa, in un’atmosfera di allegria, si ha la prima domenica di maggio, allorché i Ceri e le “barelle” utilizzate per trasportarli vengono prelevati dalla Basilica di S. Ubaldo sul monte Ingino e portati all'interno delle mura cittadine tra canti popolari. La sera del 14 maggio le vie e le piazze si trasformano in un unico grande luogo dove gioia e allegria esplodono tra cene e “sbicchierate” varie.
La Festa inizia la mattina del 15. Alle 5,30 il suono dei tamburi sveglia i due Capitani dei Ceri, entrambi appartenenti all'Università dei Muratori, alla quale spetta il compito di provvedere alla parte organizzativa.
Alle 8,30 nella chiesa dei Muratori i ceraioli prendono parte alla S. Messa ed eleggono i Capitani per il secondo anno successivo. Subito dopo segue la sfilata dei Santi, quella con le statue dei Santi che attraversa le principali vie della città e termina nell’arengo del Palazzo dei Consoli, dove già si trovano i Ceri.
Intorno alle 9,30 si consuma il primo pasto (colazione), a base di pesce. Al termine, i ceraioli si dirigono verso Porta Castello, dove ricevono dai graziosi ragazzi in costume il "mazzolino dei fiori" che viene appuntato sulla camicia gialla (S. Ubaldo), azzurra (S. Girogio), nera (S. Antonio).
Alle 11,00 sempre da Porta Castello, muove la grande sfilata dei ceraioli con bande, vessilli ed i "Capodieci" a guidare i tre gruppi di ceraioli. Il Capodieci è colui che avrà l’onore di gettare la brocca al momento dell’alzata e la responsabilità del proprio Cero della corsa pomeridiana.
Quando alle 11,45 il corteo raggiunge Piazza Grande, i magistrati cittadini in costume medioevale (Consoli) consegnano le chiavi della città al Primo Capitano: un gesto simbolico che ricorda a tutti che per un giorno il potere è nelle mani del popolo. Dopo il saluto del Sindaco e del Vescovo, i Ceri irrompono dalla scalèa del Palazzo dei Consoli nella piazza gremita di folla multicolore.
Il suono profondo e caldo del Campanone, mosso da abili campanari, segna l'inizio dell’alzata: i Capodieci, dall'alto delle barelle gettano in aria artistiche brocche ed i Ceri, in un istante, raggiungono la posizione verticale. I più vicini si gettano sui frammenti per raccoglierli e conservarli quali talismani. I Ceri, accompagnati dal tripudio della folla sono portati a spalla dai ceraioli e con difficoltà riescono a fendere il "muro" umano per compiere le birate, cioè giri prima di raggiungere, ognuno con percorsi diversi le vie, le strade, le piazze. È iniziata la mostra, durante la quale si rende omaggio alle storiche famiglie ceraiole.
Intorno alle 14,00 i Ceri vengono appoggiati su artistici basamenti in via Savelli della Porta. Poi tutti a banchettare nella sala maggiore del Palazzo dei Consoli, allietata da musica e canti ed evviva ai tre Santi. Intanto giravolte e canti si rincorrono nelle vie della città fino alle 16,30.
Alle 17,00, dopo i Vespri cantati dal Vescovo di Gubbio nella semivuota Cattedrale, muove la suggestiva Processione con la statua di S. Ubaldo, che percorre a ritroso l’itinerario della corsa. Il chiasso cessa; ora soltanto il silenzio e il raccoglimento domina la città. Le note dell'inno sacro "Oh Lume della Fede" rendono tutti raccolti, la tensione e l’emozione comincia a montare tra i ceraioli. È questo il momento in cui è bene che il “forestiero”, trovi un luogo sicuro da dove osservare le fasi concitate della corsa.
Alle ore 18,00 si conclude la processione in via Dante. Dopo una concitata benedizione del Vescovo, i Ceri si lanciano in una corsa forsennata, entusiasmante, fatta talvolta di pendute o addirittura di cadute. La Festa si trasforma in una gara tiratissima. I ceraioli raggruppati in mute, si danno il cambio e si aiutano a vicenda con vigorosa solidarietà. Si corre lungo corso Garibaldi, via Cairoli. Dopo una breve sosta i Ceri percorrono via Mazzatinti, Piazza 40 Martiri, le vie del quartiere di S. Martino fino a Piazza Grande. Lì ci si dà appuntamento per le birate e poi via verso gli irti stradoni che conducono al Monte, alla Basilica del Santo. Qui la corsa si conclude. I Ceri vengono smontati nelle varie parti e, mentre vengono deposti in Chiesa come atto di omaggio al Santo, le tre statue vengono processionalmente riportate in città per essere custodite, nella chiesetta dei Muratori, dove I ceraioli rivolgono l’ultimo caloroso saluto ai loro Santi.. La notte è ancora lunga, le feste, i canti, le polemiche continuano nelle ore piccole.
Il 16 maggio, festa del Patrono, la città si risveglia stanca ma non vien meno alle celebrazioni religiose nella Cattedrale, in onore del Santo che ogni eugubino porta nel cuore: Ubaldo.

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Nella Bolla di canonizzazione di S. Ubaldo, Papa Celestino III invitava gli Eugubini ha celebrare la festività del loro Patrono “hilariter”, cioè con allegrezza. Tale avverbio non è stato ritrovato in nessun’altra Bolla Papale; il che significa che già esisteva in Gubbio questo tono allegro e di giubilo tra il popolo, forse in ricordo dello scampato pericolo quando la città fu risparmiata dalla distruzione o quando sorse un’atmosfera di pace e di amicizia negli anni successivi alla morte del Santo. I suoi prodigi e miracoli avevano dato serenità e gioia al popolo eugubino. Il primo documento della “Festa di S. Ubaldo” (così si chiamava nel Medio Evo la “Festa dei Ceri”) è contenuto nello Statutum Eugubii del 1338. I Capitani dell’Arte dei Muratori, dei Merciari e degli Asinari erano tenuti, nel pomeriggio del 15 Maggio, a convocare i propri lavoranti nella Piazza del Mercato (platea mercatalis). Una volta raccolti, tutt’insieme dovevano andare per le vie della città e infine salire fino alla chiesa di S. Ubaldo portando iubilantes et gaudentes tre Cereos Magnos. Nei riferimenti successivi contenuti nei Brevi dell’Arte dei Petraioli (1584) e dei Merciari (1540) sono insufficienti a ricostruire la festa nei dettagli. Agli inizi del Seicento riappare il vecchio spirito di un tempo: “…quegli antichi Cerei, quelle alte e pesanti piramidi che da tanti huomini forsuti sono portate con allegrezza immensa per la città…”. La festa ebbe momenti di esaltazione, ma anche momenti di crisi. Uno di questi avvenne nel 1799. L’occupazione della città da parte delle truppe francesi fu accolta con ostilità dalla popolazione. Gli occupanti abolirono l’Università dei Muratori, la Congregazione dei Merciari e le loro “funzioni”. Fra queste la Festa dei Ceri. Mentre i Muratori e i contadini sfidarono la legge, i Merciari si rifiutarono di portare il Cero di San Giorgio; i Fabbri e i Falegnami coraggiosamente si sostituirono ad essi, evitando così l’interruzione della nobilissima tradizione. Nella seconda metà dell’Ottocento, quando si diffuse anche in Italia lo studio del folklore, la stampa si occupò più da vicino del “tradizioni popolari” e attraverso i numerosi periodici furono divulgate delle immagini. I Ceri di Gubbio comparvero su “L’Illustrazione Italiana”, “La Tribuna Illustrata”, “La Domenica del Corriere”, ecc… In questo periodo l’Amministrazione comunale capì l’importanza della festa e, in un decennio, furono rifatti ex novo i tre Ceri (Sant’Ubaldo nel 1883, San Giorgio nel 1888, Sant’Antonio nel 1893). Nel 1891 l’Amministrazione affidò all’Università dei Muratori e Scalpellini l’incarico di “gestire” la festa; nel 1900 la Statua di S. Ubaldo sostituì l’antico Gonfalone che per secoli era stato portato processionalmente dai religiosi, prima della grande corsa pomeridiana. All’inizio del secolo, dopo l’affannosa mostra, i Ceri furono sollevati da terra in via Savelli della Porta, e appoggiati su artistici basamenti. Nel 1904 i Ceraioli, per distinguere più facilmente il gruppo di appartenenza, si cingevano il collo con fazzoletti di color giallo, azzurro e rosso. Ma il cambiamento più radicale avvenne nel 1908 o ’09. Dopo secoli di divisioni i tre Ceri furono innalzati tutti e tre insieme in prossimità della chiesa di San Pietro; le tavole ceraiole rimasero ancora separate per diversi anni, sparse nei vari quartieri della città. Burrascoso fu il triennio 1920-22 quando si intensificò la lotta politica tra le frange più estremiste: anarchici e fascisti. L’avvento del fascismo riportò l’ordine; il regime esaltò la Festa dei Ceri, perché espressione della forza, del coraggio dell’antiche stirpe Eugubina. Nel 1928, in occasione del raduno dei costumi a Venezia, comparvero le prime camice gialle, azzurre e nere. Dieci anni dopo, per volontà del Potestà e della “Pro Gubbio”, l’alzata venne spostata nell’incantevole scenario di Piazza Grande. Dopo la tragica Seconda Guerra Mondiale, si costituì il “Comitato Ceri”, che nel 1950 si trasformò in “Associazione Maggio Eugubino”. Questa prestò particolare attenzione alla festa e svolse un’intensa azione per farla conoscere in Italia e all’estero. Gubbio ora è sempre più apprezzata per le sue bellezze architettoniche, per i suoi angoli suggestivi e in particolare per le sue splendide tradizioni popolari.

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